Europa - L'euro è l'unica arma per contrastare lo strapotere Usa
George Monbiot, sul quotidiano britannico Guardian, propone un’analisi dello squilibrio del nuovo ordine mondiale.
"Ormai è evidente che una nazione sola ha la facoltà di determinare il destino del resto del mondo e noi dobbiamo porle dei limiti prima che decida di usare pienamente questo potere". "Se non fosse per un’enorme distorsione – continua Monbiot – l’economia americana sarebbe già collassata. I debiti e il deficit derivanti dai suoi sperperi non mettono gli Usa in serie difficoltà solo perché il 70 percento delle riserve monetarie internazionali sono in dollari. I governi scelgono il dollaro perché è relativamente stabile, perché è la moneta usata dal mercato più grande del mondo e perché alcune merci, in particolare il petrolio, hanno prezzi fissati in dollari".
"Al momento, l’unica vera minaccia al dominio del dollaro è l’euro. Con i nuovi 10 membri, il Pil dell’Ue sarà simile a quello americano e la sua popolazione molto maggiore. Se l’euro sarà adottato da tutti i paesi dell’Unione, che non è afflitta da crisi economiche latenti come succede in Usa, si potrà cominciare a utilizzarlo per gli scambi delle merci e, prima o poi, per il petrolio.
Questo innescherebbe uno spostamento della domanda dal dollaro verso l’euro, minerebbe il meccanismo che sorregge l’economia statunitense e porrebbe così un freno anche al suo potere militare". "È probabile che una delle cause che hanno portato alla guerra sia stato il fatto che, già dal 2000, Saddam Hussein avesse manifestato l’intenzione di vendere il petrolio iracheno in euro.
Opporsi con mezzi militari – conclude Monbiot – è impossibile e anche la diplomazia internazionale si è dimostrata inutile: l’unica arma contro lo strapotere americano è l’euro. La Gran Bretagna deve affrontare il costo dell’integrazione".
In un editoriale il Financial Times scrive: "Il governo sta per annunciare l’esito negativo dei test economici che dovevano studiare la possibilità della Gran Bretagna di entrare nell’euro. La cosa veramente interessante sarà capire di che tipo di "no" si tratterà e, quindi, fino a quando verrà posticipato l’ingresso inglese nella moneta unica".
Martin Feldstein, professore di economia ad Harvard, in un commento pubblicato sullo stesso quotidiano invita la Gran Bretagna a non compiere lo stesso errore della Germania: "Helmut Kohl ha portato la il suo paese in Europa senza calcolare le conseguenze economiche di lungo periodo. Ci si aspetterebbe che i tedeschi, con la popolazione più numerosa e l’economia più vasta del continente, siano il traino dell’Unione, ma non è così.
La Bundesbank non può più operare una politica monetaria adatta alla situazione della Germania che affronta gravi problemi economici proprio per il suo legame con l’Ue". Quindi, "per il Regno Unito sarebbe un grosso errore vincolarsi a una banca centrale che tra poco conterà più di venti membri votanti. È difficile credere che ci siano vantaggi politici che possano giustificare un tale costo economico".