Della scuola Devo
a Don Milani gran parte della mia formazione politica e sociale, anzi,
ad essere più esatti, non ho acquisito da lui grandi nozioni
ma piuttosto ho assorbito un atteggiamento, uno stile verbale che non
ha paura di essere prepotente, sarcastico e tagliente quando si tratta
di difendere i diritti di chi non ne ha. Ho acquisito da lui anche il concetto, prezioso oggi che ho due dei figli, che “tutta la vita è scuola”. Fra i tanti spunti nati in quel laboratorio che è stata la Scuola di Barbiana e che sarebbe impossibile condensare in questo articolo, mi piaceva quello di costruire una piscina scavandola nel giardino della scuola, allo scopo di insegnare a nuotare ai figli dei contadini in modo che non si dovessero vergognare quando andavano al mare con i ragazzi di città delle famiglie borghesi. E quello di mandare i ragazzi per qualche mese all’estero, presso famiglie di ceto sociale simile al loro, in modo che potessero dire“…me all’estero ad ammazzare contadini non mi ci porterete. Ci sono stato in casa. C’era un ragazzo della mia età, una figliola più piccola. Hanno una stalla come noi, raccolgono patate, fanno fatica, perché dovrei ammazzarli?”. Come educazione contro le guerre, contro il razzismo e per non cadere vittime della propaganda di qualsiasi colore. Oggi
la scuola avrebbe potuto cominciare a fare a meno di Don Dilani. Molte
cose sono state assorbite, i viaggi all’estero e i corsi di nuoto
sono “istituzionalizzati” così come la lettura del
giornale in classe e altre attività che a quei tempi, e in un
paese montano, sembravano rivoluzionarie. Poi arriva la riforma Moratti. I
ragazzi dovranno scegliere intorno ai 13 anni l’indirizzo professionale
o liceale. Chi, nella prima parte della sua vita scolastica, non avrà
potuto studiare serenamente, oppure chi sarà un po’ zuccone
di suo, è destinato a non poter mai più recuperare. Non
sarà tanto il problema di andare a fare l’operaio, ma di
non poter accedere a quel livello di cultura che gli permetta di esercitare
il suo libero pensiero con un minimo di strumentazione. Si
potrà andare a scuola a cinque anni e mezzo. Ma, attenzione,
non sarà obbligatorio, infatti qualcuno continuerà ad
andarci a sei, e qualcun altro, con una famiglia “meno competitiva”
sulle prestazioni del bambino arriverà in prima elementare quasi
a sette anni. E allora i Presidi, per gestire la difficile situazione
pedagogica di copresenza di età troppo dissimili, cosa faranno?
Le classi dei Pierini (come li chiamavano i ragazzi di Barbiana) e le
classi dei Gianni? Per poi accorgersi, a posteriori tramite qualche
statistica, che, nelle classi dei Pierini sono finiti tutti i figli
provenienti da genitori con un buon livello economico e di istruzione
e nelle altre i bambini provenienti dalle classi sociali subalterne.
Non scandalizzi il termine “classe sociale”, non si intendono
composte in maniera identica a quelle che studiava Carlo Marx, ma quelle
attuali identificate dalle nuove povertà, dal disadattamento
e dall’immigrazione.
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