LA POLITICA COME ARTE DELLA PACE
Con
questo titolo il prof. Angelo Scivoletto ha raccolto in un libro agile e ricco
di contenuto brani significativi delle opere e delle lettere di Giorgio La Pira
(fine giurista, filosofo, uomo di pensiero e di azione, deputato alla Costituente
e infine sindaco di Firenze) che conservano, soprattutto ai nostri temi, grande
attualità.
La Repubblica italiana, nata dall’antifascismo, dalla resistenza morale e politica e dalla lotta di liberazione, fu pensata e costruita da figure eminenti che oggi più che mai avvertiamo in tutta la loro grandezza: Einaudi, De Gasperi, Togliatti, Moro, Vanoni, Fanfani, La Pira.
La Pira si distingue e si caratterizza per una incredibile capacità di vivere quotidianamente, nell’attività politica, una coerente fedeltà all’insegnamento evangelico, con scelte radicali, anche sul piano personale, non sempre apprezzate dai cosiddetti benpensanti, anche sul piano personale. Non possedette nulla, visse in povertà, in una cella del monastero di S. Marco a Firenze, si spese tutto nella difesa dei diritti e della libertà delle persone, nella difesa del lavoro e dei diritti sociali, nella promozione della pace. Capire le ragioni dell’altro, operare in sincerità e letizia, politica come alta forma di carità, politica per la giustizia e non per il potere: queste le caratteristiche dell’opera di La Pira, in cui spiritualità, pensiero e azione si fondono e si fondano sulla fede in Dio e sulla fiducia nell’uomo.
Ma diamo la parola a La Pira con alcuni brevi brani riportati nel libro.
Vi sono disoccupati? Bisogna occuparli. La parabola dei vignaioli è decisiva in proposito: tutti i disoccupati che nelle varie ore del giorno oziavano forzatamente nella piazza – perché nessuno li aveva ingaggiati: nemo nos conduxit! – furono occupati: esempio caratteristico di “pieno impiego”: nessuno fu lasciato senza lavoro. Vi sono creature bisognose? Affamate? Assetati? Senza tetto? Ignudi? Ammalati? Carcerati? Bisogna tendere ad essi efficacemente il cuore e la mano (Mt 25, 31-46): l’esempio di questa “propensione” all’intervento è fornito dal Samaritano: scese da cavallo e prese minutamente cura del ferito (Lc 34). Pag. 123.
Non vorrei che con la scusa di non volere lo Stato totalitario non si voglia in realtà lo Stato che interviene per sanare le strutturali iniquità del sistema finanziario, economico e sociale, del cosiddetto “Stato liberista” (che sta a “vedere” con olimpica contemplazione la dolorosa zuffa che la privazione del pane quotidiano procura, fra deboli e potenti). Pag. 147
Sulla
contestazione giovanile del ’68:
(i giovani)
a) hanno preso improvvisamente coscienza della stagione storica nuova del mondo
(la stagione della pace per sempre); hanno visto – come Mosè dalla
“terrazza “ del monte Nerbo – la “terra promessa”
verso cui è avviata in modo irreversibile la storia presente e futura
del mondo (irreversibilità fondata, del resto, nella inarrestabile avanzata
scientifica, tecnica, sociale e demografica del mondo; andare avanti, nella
via della pace, è, perciò inevitabile;
b) hanno “contestato alle generazioni passate (alla dirigenza politica
presente del mondo) la inintelligenza dell’età nuova della storia
(l’età della pace per sempre: perciò del disarmo, dello
sviluppo ed elevazione dei popoli), la loro resistenza intellettuale e politica
all’avanzata della storia verso le frontiere della terra promessa; il
loro pigro e pericoloso attardarsi nel deserto della stagione invernale della
guerra, del sottosviluppo, della fame, del razzismo, del colonialismo, dell’oppressione;
e, in specie, il loro tentativo – come avevano fatto gli “anziani
di Israele” nel deserto – di invertire la direzione del cammino
storico, ed, anziché avanzare verso la terra promessa, prendere la strada
opposta, ritornare nella “comodità’, e nella schiavitù
dell’Egitto (Numeri, 14, 1 e segg.)
Angelo Scivoletto – Giorgio
La Pira; la politica come arte della pace – Ed Studium, Roma.