Disastri

ANTONIO TABUCCHI da Il Manifesto del 21/2

Le parole di Berlusconi sono chiare: i parlamentari italiani sono dei ladri (Berlusconi è onorevole da 10 anni: prima si guadagnava il pane col sudore della fronte). I presidenti di questa accolita di ladri, cioè il presidente della Camera e il presidente del Senato, per il ruolo che ricoprono nel clan (stavo per dire nelle istituzioni) sono dunque i ladri più eccellenti. Infatti non hanno obiettato nulla a Berlusconi, e questo è un segno chiaro. Con ciò non si vuol dire che rubino davvero. Non si è ladri solo rubando. Si è ladri soprattutto quando si acconsente che qualcuno ci rubi l'onore e la dignità e la butti nella spazzatura. Chi nella spazzatura ce l'ha già buttata da solo, non può temere di esserne derubato. Giuliano Ferrara, visibilmente soddisfatto che Berlusconi abbia imparato la parte, lo ha rimproverato con tenerezza. Lui può permetterselo: è stato troppo poco tempo ministro per farsi la barca. I soldi, come ebbe a dire orgogliosamente nella sua trasmissione televisiva a un ospite di passaggio, se li guadagnava onestamente facendo il delatore della Cia. Che certo non lavorava in Italia a beneficio dell'Italia.

In Italia tira un'aria lugubre. C'è al comando uno disposto a tutto che ha per consigliere un traditore del suo paese. Ci si può aspettare qualcosa di molto brutto. Ma sarà un già visto, perché poi le scelte non possono essere che quelle.

Il mio cordoglio ai democratici di sinistra per la perdita simultanea di Nicola Tranfaglia, Alberto Asor Rosa e Gianni Vattimo. Felicitazioni ai fuoriusciti: sono rinati a nuova vita, anche se capisco il loro rammarico o la loro nostalgia. Succede i primi giorni che si smette di fumare. I Ds hanno perso tre cervelli che in cinque minuti pensavano quello che tutta la segreteria messa insieme riesce a «elaborare» in una legislatura; tre intellettuali che l'Europa ci invidia, tre studiosi senza i quali la cultura italiana non sarebbe quello che è. Ma «a quelli là» non importa. Ciò che gli importa è stare fra di loro, un migliaio nel grande acquario azzurrino, ad applaudirsi, a lodarsi, a cantarsi. Un giorno resteranno solo loro, finalmente, e le famiglie la domenica porteranno i bambini a guardarli, attraverso le pareti di vetro, come si guardano le specie rare in via di estinzione. E loro saranno tutti felici, soprattutto perché finalmente potranno votarsi fra di loro, eleggersi fra di loro, governare fra di loro. Finalmente soli.

E poi il professor Romano Luperini ci viene a fare la lezione sul declino dell'intellettuale. Ma ci faccia il piacere.

Il presidente della Repubblica nel suo discorso di fine anno ha detto che i soldati italiani massacrati a Nassyria sono dei patrioti. Che hanno dato la vita per la patria. Nessuno ha protestato. Il presidente della Repubblica non ha letto la Costituzione. O se l'ha letta con le sue parole l'ha tradita. I nostri soldati sono stati inviati a morire da un governo cinico e irresponsabile che ha agito senza mandato internazionale, al servizio dell'amministrazione Bush, di un paese in cui perfino il segretario di stato Powell riconosce che gli Stati uniti hanno fatto una guerra senza giustificazioni e dice: «non so perché». I nostri soldati in Iraq non dipendono dal ministro Martino, che nei paesi dell'Alleanza che ha invaso l'Iraq conta quanto il due di briscola. Dipendono dal ministero della difesa inglese. Prendono ordini dagli inglesi. Che li trattano come si sa gli inglesi trattano la gente del sud. Col disprezzo con cui David Niven trattava Alberto Sordi in un celebre film sulla seconda guerra mondiale. O peggio. Come Bossi tratta gli extracomunitari. Poveri patrioti. Perché il presidente della Repubblica invece di fare tanti discorsi non li va a trovare a Nassyria, visto che Berlusconi non ci è potuto andare a causa del suo lifting? E' troppo vecchio? Se ha fatto un viaggio recentemente per andare a trovare il presidente Bush può arrivare fino in Iraq, è più vicino.

BACK